MONSIEUR DUDRON

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L’excursion: Le départ

    À sept heures précises, le même vrombissement qu’il avait entendu l’après-midi avertit Monsieur Dudron que l’heure du départ avait sonné. Il descendit et s’assit à côté de la Walkyrie moderne. Aussitôt celle-ci poussa sa voiture à une vitesse folle, mais elle conduisait avec une telle sûreté et une telle maîtrise que le véhicule se transformait complètement; ce n’était plus une automobile construite avec du métal et du bois, mais quelque chose d’énormément élastique; elle s’allongeait et se rapetissait selon les nécessités ; elle passait entre deux obstacles en les frôlant de ses flancs métalliques et elle sortait de là comme une énorme coulée de pâte, avec des mouvements de chenille géante et ultrarapide, pour s’engouffrer entre deux autres obstacles, encore plus rapprochés que les premiers. On traversait les faubourgs de la ville.

La gita: la partenza

    Alle sette precise, lo stesso rombo che egli aveva udito nel pomeriggio, avvertì il Signor Dudron che l’ora della partenza era suonata. Egli discese e sedette a fianco della Walchiria moderna. Subito questa lanciò la macchina a folle velocità, ma ella guidava con sicurezza e maestria tale da fare sembrare trasformata la macchina; non era più un’automobile costruita con metallo e legno, ma qualcosa di enormemente elastico; si allungava e si raccorciava secondo le necessità; passò tra due ostacoli sfiorandoli con i suoi fianchi metallici, uscendone come un’enorme colata di pasta, con dei movimenti da bruco gigante ed ultrarapido, per ingolfarsi fra altri due ostacoli ancora più accostati dei primi. Si traversavano i sobborghi della città. 

Varianti

Il lungo brano con il racconto della gita, che nei testi sinottici abbiamo suddiviso in ventiquattro paragrafi, ciascuno con un proprio titolo, è quello che presenta le maggiori difformità rispetto al testo originario di Una gita a Lecco: diversi accorpamenti di temi, numerosi inserimenti di nuove osservazioni, ecc. Questo potrebbe rendere più difficile per il lettore la percezione globale delle differenze tra  i testi sinottici e il testo del 1940, che è tuttavia interamente riportato nelle varianti.

Una gita a Lecco, ( “Aria d’Italia” 1940):
    Alle diecianove precise il formidabile rombo della macchina mi avvertì che era giunta l’ora della partenza. Partimmo verso settentrione. Nubi temporalescamente caliginose si addensavano lontano, all’orizzonte. Passavamo come un ciclone per i sobborghi milanesi, densi di vita e di movimento popolare. 

Une Aventure de M. Dudron, 1945:
    À sept heures précises, le même vrombissement qu’il avait entendu l’après-midi, avertit M. Dudron que l’heure du départ avait sonné. La Walkyrie moderne poussa sa voiture à une vitesse folle, mais elle conduisait avec une telle sûreté et une telle maîtrise que le véhicule se transformait complètement; ce n’était plus une automobile construite avec du métal et du bois, mais quelque chose d’énormément élastique; elle s’allongeait et se rapetissait selon les nécessités; elle passait entre deux obstacles en les frôlant de ses flancs métalliques et elle sortait de là comme une énorme coulée de pâte, avec des mouvements de chenille géante et ultra-rapide, pour s’engouffrer entre deux autres obstacles, encore plus rapprochés que les premiers. On traversait les faubourgs de la ville.

Dattiloscritto Evangelisti, 1963 c:
    Alle sette precise lo stesso rombo di motore che aveva udito nel pomeriggio avvertì il Signor Dudron che l’ora della partenza era suonata.
La Walchiria moderna spinse la macchina ad una velocità folle; ma guidava con una tale sicurezza e con una tale maestria che il motoveicolo si trasformava completamente. Non era più una macchina costruita con metallo e legno, ma qualcosa di enormemente elastico; si allungava e si raccorciava secondo le necessità; passava tra due ostacoli, radendoli con i suoi fianchi metallici e ne usciva come un enorme colata di pasta con dei movimenti da bruco gigante ed ultrarapido per tuffarsi tra due altri ostacoli, ancora più vicini l’uno all’altro dei primi. Si stava attraversando i sobborghi della città. 

L’excursion: Les ouvriers

    C’était l’heure où de nombreux ouvriers, ayant terminé leur travail, rentraient chez eux en bicyclette. Ils regagnaient leurs foyers en pédalant patiemment et en encombrant toute la rue. Ils pédalaient patiemment pour regagner leurs foyers là où les attendaient leurs épouses, leurs enfants, leurs parents, tous ces êtres qu’ils aimaient, auxquels ils étaient attachés par-dessus tout, malgré les disputes qui souvent éclataient, et les malentendus, et bien que parfois le dimanche, pour se distraire et fuir l’ennui de la famille, pour jouir de quelques heures de liberté, ils désertassent la maison pour se rendre aux auberges voisines et y rencontrer les amis et les compagnons de travail avec lesquels ils vidaient des bouteilles de vin et de cidre et des canettes de bière, tout en jouant aux cartes et au billard et, quand il faisait beau, aux boules, derrière les auberges, dans les cours entourées de palissades où étaient attachées des tiges de tournesols.

La gita: Gli operai

    A quell’ora, numerosi operai, finito il lavoro, tornavano a casa in bicicletta. Si avviavano verso i loro focolari pedalando pazientemente ed ingombrando tutta la strada.
Pedalavano pazientemente per raggiungere i loro focolari dove erano ad attenderli le loro spose, i loro bambini, i loro genitori, tutti coloro che essi amavano, ai quali erano attaccati più che ad ogni altra cosa, malgrado i litigi che spesso scoppiavano, e i malintesi; anche se, qualche volta la domenica, per distrarsi e fuggire la noia della famiglia, per godere qualche ora di libertà, disertavano la casa per andare alla vicina osteria e incontrarvi gli amici ed i compagni di lavoro. Con loro vuotavano bottiglie di vino e sidro e boccali di birra, giocando a carte e al bigliardo, o quando il tempo era bello, alle bocce dietro l’osteria, nel cortile circondato da palizzate, dove si affacciavano i girasoli.

Varianti

Una gita a Lecco, ( “Aria d’Italia”  1940):
    Scaglioni di operai in bicicletta, finito il lavoro della giornata, tornavano al focolare domestico pedalando pazientemente ed invadendo vicoli, vie e viali. 

Une Aventure de M. Dudron, 1945:
    C’était l’heure où de nombreux ouvriers, ayant terminé leur travail, rentraient chez eux en bicyclette. Ils regagnaient leurs foyers en pédalant patiemment et en encombrant toute la rue. Ils pédalaient patiemment pour regagner leurs foyers là où les attendaient leurs épouses, leurs enfants, leurs parents, tous ces êtres qu’ils aimaient, auxquels ils étaient attachés par-dessus tout, malgré les disputes qui souvent éclataient, et les malentendus, et bien que parfois le dimanche, pour se distraire et fuir l’ennui de la famille, pour jouir de quelques heures de liberté, ils désertassent la maison pour se rendre aux auberges voisines et y rencontrer les amis et les compagnons de travail avec lesquels ils vidaient des bouteilles de vin et de cidre et des canettes de bière, tout en jouant aux cartes et au billard et, quand il faisait beau, aux boules derrière les auberges, dans des cours entourées de palissades où étaient attachées des tiges de tournesols. 
Questo passo è quasi identico alla versione finale in lingua francese.

Dattiloscritto Evangelisti, 1963 c.:
    Era l’ora in cui molti operai, finito il loro lavoro, tornavano a casa in bicicletta. Tornavano ai loro focolai pedalando pazientemente [aggiunto: ed] empiendo tutta la strada. Pedalavano pazientemente per tornare alle loro case, là ove li aspettavano le loro spose, i loro figli, i loro parenti, tutti quegli esseri che essi amavano, ai quali erano attaccati più che ad ogni altra cosa, malgrado i litigi che spesso scoppiavano, e i malintesi e malgrado che spesso la domenica, per distrarsi, e per fuggire la noia e la falsa pace della famiglia, per godere di qualche ora di libertà, si allontanassero dalle loro case e si recassero nelle osterie vicine per incontrarvi gli amici ed i compagni di lavoro con i quali vuotavano bottiglie di vino, mangiando fave e sedani, mentre giocavano a carte o a bigliardo e, quando il tempo era bello, alle boccie, dietro le osterie, in cortile chiusi da palancate ove numerosi si spuntavano i girasoli.

L’excursion: La murène

    Malgré les véhicules de toutes sortes qui encombraient la rue, la Walkyrie moderne, avec une sûreté et une désinvolture qui étonnaient et émerveillaient Monsieur Dudron, métamorphosant sa voiture en une espèce d’ophidien, de murène, glissait entre un cycliste et un autre, entre une voiture et un piéton, entre deux piétons, avec une souplesse telle que c’était merveille de la voir. Une fois sortie des faubourgs de la ville, la voiture s’engagea sur la grande route, au milieu de la campagne

La gita: L’anguilla

    Malgrado la strada fosse ingombra di veicoli di ogni specie, la Walchiria moderna con sicurezza e disinvoltura che sbalordirono e meravigliarono il Signor Dudron, scivolava tra un ciclista e l’altro metamorfizzando la sua macchina in una specie d’anguilla; passava tra una macchina ed un pedone, fra due pedoni, con un’agilità tale da stupire. Una volta uscita dai sobborghi della città, la macchina si lanciò sulla grande rotabile in mezzo alla campagna.

Varianti

Una gita a Lecco, ( “Aria d’Italia” 1940):
    Riuscire a condurre una macchina lanciata a grande velocità in mezzo a tanti ostacoli aveva un ché di miracoloso. Tacevo muto di ammirazione. Colei che stava al volante e lo maneggiava con mano ferma e spirito pronto, continuava a parlarmi conducendo come se invece di manovrare un bolide in vie ingombrate d’ogni sorta di veicoli, si trovasse tranquillamente seduta nel suo salotto del suo appartamento milanese. La macchina non sembrava più una macchina, ma un rettile impazzito una murena frenetica; voltava, svoltava, rasentava gli uomini e le cose, usciva d’infra due ostacoli sfiorandoli, accarezzandoli con i due fianchi metallici, sbucava, colava sgorgava fuori come una colata di pasta spremuta da un tubo gigante, come o di lava sgorgante uscente da un cratere, per poi introdursi tra altri due ostacoli ancora più vicini l’uno all’altro dei primi. La Non era più una macchina, non sembrava più costruita con pezzi di rigido metallo, ma con tanti bensì con annelli di gomma: s’allungava e si restringeva secondo la necessità del momento; sgusciava da ogni lato a destra e sinistra come un’enorme e velocissimo bruco. Insomma una vera meraviglia. 

Une Aventure de M. Dudron, 1945:
    Malgré les véhicules de toutes sortes qui encombraient la rue, la Walkyrie moderne, avec une sûreté et une désinvolture qui étonnaient et émerveillaient M. Dudron, métamorphosant sa voiture en une espèce d’ophidien, de murène, glissait entre un cycliste et un autre, entre une voiture et un piéton, entre deux piétons, avec une souplesse telle que c’était merveille de la voir. Une fois sortie des faubourgs de la ville, la voiture s’engagea sur la grande route, au milieu de la campagne.

Dattiloscritto Evangelisti,1963 c:
    Benchè i veicoli di ogni specie ingombrassero le strade la Walchiria moderna, con una sicurezza ed una disinvoltura che stupivano il Signor Dudron e gli procuravano pure una muta ammirazione, metamorfosava la sua macchina in una specie di Ofidio, di Murena; scivolava tra un ciclista e l’altro, tra una vettura ed un pedone, tra due pedoni, con una tale elasticità da stupire qualsiasi persona.
Quando uscirono dai sobborghi della città la macchina della Walchiria si lanciò partì su una grande via in mezzo alla campagna.

L’excursion: La Grande Scie

    En attendant, la nuit était venue. Vers le nord, vers ces hauteurs où ils allaient, des nuages de tempête s’étaient amassés. La lumière livide des éclairs faisait ressortir la croupe noire des monts dont un, très caractéristique parce qu’il avait la cime toute crénelée, comme hérissée de dents énormes, telle la mâchoire d’un dragon terrassé, avait été surnommé la Grande Scie. Se trouvant sur la route libre, la conductrice accéléra la course. Monsieur Dudron commençait à se trouver un peu mal. D’un œil inquiet il suivait sur le cadran de l’indicateur de vitesse les mouvements de l’aiguille: 65, 70, 75, 80, 85, 100, 105, 110, 115, 120, 125, 130 … Cent trente kilomètres à l’heure et on était en pleine nuit loin de la ville, et l’orage courait vers les hauteurs où on se dirigeait.

 

La gita: La Grande Sega

    Nel frattempo la sera era calata. Verso il nord, verso quelle alture ove essi si dirigevano, nuvole di tempesta si erano ammassate. La luce livida dei lampi faceva risaltare la sagoma nera dei monti di cui uno, molto caratteristico per la sua cima merlata, quasi fosse irta di enormi denti, sembrava la mascella di un drago atterrato ed era stato denominato La Grande Sega. Trovandosi sulla strada libera, la guidatrice accelerò l’andatura. Il Signor Dudron cominciò a trovarsi un po’ male. Con occhio inquieto egli seguiva sul quadrante del tachimetro il movimento della lancetta: 65, 70, 75, 80, 105, 110, 115, 120, 125, 130 … Centotrenta chilometri all’ora, e si era in piena notte [1], lontani dalla città ed il temporale si avvicinava rapidamente dalle alture ove eravamo diretti.

 

Varianti

Una gita a Lecco,  (“Aria d’Italia” 1940):
    Dopo Milano si traversò Monza mentre all’orizzonte le nubi sempre più caliginose facevan scendere sulla campagna e sull’abitato un crepuscolo precoce. Passando accanto al monumento che ricorda la tragica morte del re Umberto, lontani ricordi d’infanzia vennero su dalle più remote quinte della mia memoria. Ricordai mio padre, in Grecia, quand’ero ancora bambino. Sulle pareti del suo ufficio d’ingegnere ferroviario si vedevano tre fotografie di locomotive e di ponti di ferro, due grandi ritratti di re Umberto e della regina Margherita. I ritratti stavano in due cornici nere di legno scolpito intagliato. Una sera mio padre giunse a casa con un giornale che annunciava il portava in grosse lettere l’annuncio del regicidio. Ricordo il volto serio di mio padre seduto al suo tavolo di lavoro ove stava posata una lampada a petrolio con un paralume conico di vetro verde. Mio padre parlava del re ucciso ed io di qu guardavo il ritratto nella cornice di legno nero; si intravede appena nella penombra, sembrava allontanarsi ed affondare lentamente nella grande notte dei tempi. Udivo anche parlare di scioperi, del ministro Crispi, di squadre d’operai che dovevan venire dall’Italia, di concessioni per costruzioni ferroviarie che dovevansi ottenere dal governo greco. Fuori il vento che scendeva dalle balze ed i fianchi selvosi del Pelio, muggiva lugubramente sbattendo contro le finestre le fronde degli eucalipti del giardino. In pochi secondi uscimmo da Monza. La guidatrice premette ancora sullo acceleratore. Io preoccupato tenevo lo sguardo fisso sulla lancetta che segnava la velocità: 75, 80, 85, 90, 95, 100, 110, 115, 120, 125, 130, centotrenta chilometri all’ora! La situazione diventava drammatica; cercai di fare degli scongiuri ma non vi riuscìi. Intanto l’oscurità era divenuta completa; sulla romantica campagna lombarda la notte era scesa; una notte di temporale; l’interno dell’automobile era immerso nell’oscurità; solo davanti si vedevano, debolmente rischiarati da una luce fredda, azzurrognola ed inquietante, alcuni strumenti indicanti la velocità, il numero dei chilometri percorsi dalla macchina sin dalla sua uscita, il livello dell’olio e quello della benzina; quella luce azzurrognola mi faceva pensare ad invenzioni diaboliche, a creazioni infernali concepite in laboratori complicati dei tempi futuri da scienziati geniali e id deformi ed idrocefali come feti conservati nello spirito. Ai fianchi del bolide ove mi trovavo prigioniero si udiva il brusio continuo dell’aria fenduta sempre più velocemente. Per fortuna al livido bagliore dei lampi apparvero le sagome dei monti che circondano il lago di Lecco. – Tra poco, pensai, la folle corsa sarà finita -. Illuminata dai lampi vidi la cima del monte San Martino e poi la groppa irta di denti di drago del monte Resegone che i lombardi, con uno di quei superlativi in on così cari a loro come agli emiliani, chiamano el Resegòn, (la grande Sega).

Une Aventure de M. Dudron,1945:
   En attendant, la nuit était venue. Vers le nord, vers ces hauteurs où ils allaient, des nuages de tempête s’étaient amassés. La lumière livide des éclairs faisait ressortir la croupe noire des monts dont un, très caractéristique parce qu’il avait la cime toute crénelée, comme hérissée de dents énormes, telle la mâchoire d’un dragon terrassé, avait été surnommé la Grande Scie. Se trouvant sur la route libre, la conductrice accéléra la course. M. Dudron commençait à se trouver un peu mal. D’un œil inquiet il suivait sur le cadran de l’indicateur de vitesse les mouvements de l’aiguille: 65, 70, 75, 80, 85, 100, 105, 110, 115, 120, 125, 130 … Cent trente kilomètres à l’heure et on était en pleine nuit loin de la ville, et c’était le dix-septième jour du mois, jour néfaste.

Dattiloscritto Evangelisti, 1963 c.:
    Intanto la notte era scesa. Verso nord, verso quelle alture ove si dirigevano, delle nuvole di tempesta si erano ammassate [aggiunto: nuvole di tempesta].
La livida luce dei lampi faceva spiccare la groppa nera dei monti, di cui uno era molto caratteristico poichè aveva la cima tutta incrinata, merlata, come irta di denti enormi, simile alla mascella di un drago stramazzato; quella era stata soprannominata “La Grande Sega”. Poichè la via era libera, la conduttrice aumentò la velocità. Il Signor Dudron cominciò a sentirsi un po’ male. 
Con occhio inquieto seguiva sul quadrante l’aumentare della velocità: 65, 70, 75, 80, 85, 100, 105, 110, 120, 130 ….. Centotrenta chilometri all’ora e stavano in piena notte lontano dalla città e il Signor Dudron si ricordò che era il diciassettesimo giorno del mese, giorno infausto

Nota 1

Nei testi sinottici definitivi, pubblicati postumi, è stato accuratamente eliminato ogni riferimento di carattere scaramantico alle superstizioni del protagonista. In Una gita a Lecco (1940) queste superstizioni emergono quando l’artista entra nella sala da pranzo dell’osteria e si rende conto che i commensali sono tredici e che per di più si tratta del diciasettesimo giorno del mese. Nel volumetto Une Aventure de M. Dudron del 1945 e nel Dattiloscritto Evangelisti del 1963 c. la costatazione che era il giorno 17, numero infausto, è invece messa in rapporto con il progressivo e pericoloso aumento di velocità dell’automobile. I due testi del 1940 e del 1945 iniziavano d’altronde con la chiara indicazione “17 aprile 1939”, e il fatidico numero 17 era ripreso – in quello del 1940 – dalla numerazione romana dell’anno XVII dell’era fascista! Non dobbiamo tuttavia pensare che la precisazione cronologica faccia riferimento a un fatto reale: si tratta solo di una “ambientazione” di carattere scaramantico, ironica e allusiva.
E’ questo il primo riferimento diretto, nel romanzo, alla superstizione di de Chirico, ulteriormente sottolineata in diversi passi successivi  [cfr. Variante, La gita: A tavola]

 

L’excursion: Le temps

    Quelques gouttes de pluie commencèrent à tomber, ce qui rendit la route terriblement glissante. Monsieur Dudron avait peur. La nuit était complète; à l’intérieur de la voiture régnait aussi l’obscurité; seuls, devant la conductrice, quelques cadrans étaient faiblement éclairés par une lumière bleuâtre, froide, blafarde, lunaire, inquiétante, qui faisait penser à des cliniques où se trouveraient assoupis des malades graves, des patients récemment opérés, et aussi à des laboratoires des temps futurs, où des inventions étranges et infernales auraient été mises au point par des savants géniaux à têtes d’hydrocéphales, tels ces petits monstres qu’on conserve dans l’alcool. Sur les vitres et les flancs de la voiture on entendait le bruissement continu de l’air fendu à une vitesse toujours croissante.

La gita: Il tempo

    Cominciò a cadere qualche goccia di pioggia, che rendeva la strada terribilmente scivolosa. Il Signor Dudron aveva paura. L’oscurità era completa; anche nell’interno della macchina regnava l’oscurità. Solo, dinnanzi la guidatrice, qualche quadrante era fievolmente rischiarato da una luce bluastra, fredda, scialba, lunare, inquietante, che faceva pensare a cliniche ove stanno assopiti malati gravi, pazienti da poco operati, oppure a laboratori di tempi futuri dove invenzioni strane ed infernali fossero state perfezionate da geniali scienziati dalle teste di idrocefali, simili a quei piccoli mostri che si conservano sott’alcool. Sui vetri ed i fianchi della macchina si sentiva il fruscio continuo dell’aria tagliata a velocità sempre crescente.

Varianti

Tutti gli elementi di questo passo si trovano nella variante di Una gita a Lecco (1940) riportata nel paragrafo precedente  (Cfr. Variante, La gita: la Grande Sega)

Une Aventure de M. Dudron,1945:
    Quelques [1] gouttes de pluie commencèrent à tomber, ce qui rendit la route terriblement glissante  Monsieur Dudron avait peur. La nuit était complète; à l’intérieur de la voiture régnait aussi l’obscurité; seuls, devant la conductrice, quelques cadrans étaient faiblement éclairés par une lumière bleuâtre, froide, blafarde, lunaire, inquiétante, qui faisait penser à des cliniques où se trouveraient assoupis des malades graves, des patients récemment opérés, et aussi à des laboratoires des siècles futurs, où des inventions étranges et infernales auraient été mises au point par des savants géniaux à têtes d’hydrocéphales, tels des fœtus monstrueux conservés dans l’alcool. Sur les vitres et les flancs de la voiture on entendait le bruissement continu de l’air fendu à une vitesse toujours croissante.
Il passo presenta piccole modifiche rispetto alla versione finale in lingua francese.

Dattiloscritto Evangelisti,1963 c.:
    Cominciarono a cadere alcune goccie di pioggia, cioè che rese  il terr la via [aggiunto: il fondale] terribilmente scivoloso. Il Signor Dudron ebbe paura. La notte era scesa completamente, tutt’intorno la campagna era immersa nell’oscurità. L’interno della macchina era pure nell’oscurità, soltanto davanti alla conduttrice alcuni quadranti erano debolmente rischiarati da una luce bluastra, fredda, lunare, inquietante, che faceva pensare a cliniche in cui giacevano [aggiunto: giacessero] assopiti malati gravi, a pazienti da poco operati ed anche a laboratori dei secoli futuri, ove invenzioni strane ed infernali sarebbero state messe a punto da scienziati geniali con teste di idrocefali con [aggiunto: come] i feti mostruosi conservati nello spirito. Sui vetri ed i fianchi della macchina si sentiva il brusio continuo dell’aria fenduta ad una velocità sempre più grande.

[1] Nell’edizione del 1945 un refuso di stampa ha qui invertito alcune righe

L’excursion: Cappella Espiatoria

    On traversa une petite ville déjà à moitié endormie; dans la pénombre, au fond d’un parc, Monsieur Dudron aperçut un instant le monument que les habitants avaient fait élever à la mémoire du monarque qui, en cet endroit, quelques dizaines d’années auparavant, était tombé frappé à mort par le poignard du régicide.

La Gita: La Cappella Espiatoria

    Si attraversò un villaggio mezzo addormentato; nella penombra, in fondo ad un parco, il Signor Dudron scorse per un attimo il monumento che gli abitanti avevano eretto alla memoria del monarca che, in questi paraggi, alcune diecine d’anni prima, era caduto colpito a morte dal pugnale del regicida [1].

Varianti

Una gita a Lecco (“Aria d’Italia” 1940) Cfr. Variante, La gita: la Grande Sega

Une Aventure de M. Dudron,1945:
    On traversa une petite ville déjà à moitié endormie; dans la pénombre, au fond d’un parc, M. Dudron aperçut un instant le monument que les habitants avaient fait élever à la mémoire du monarque qui, en cet endroit, quelques dizaines d’années auparavant, était tombé frappé à mort par le poignard du régicide.

Dattiloscritto Evangelisti, 1963 c.:
    Si traversò una cittadina già semiaddormentata; nella penombra, in fondo ad un parco, il Signor Dudron vide per un attimo il monumento che gli abitanti avevano fatto ereggere, [aggiunto: eretto dagli abitanti], alla memoria del monarca che in quel punto, alcune decine di anni prima era caduto colpito a morte dal pugnale del regicida.

Nota 1

La città che i due protagonisti attraversano in macchina, è Monza, nominata solo nel manoscritto Una gita a Lecco (1940). A Monza il 29 luglio del 1900 era stato assassinato dall’anarchico Gaetano Bresci il Re d’Italia Umberto I, non con un pugnale, come scrive de Chirico, ma con un moderno revolver. Per volontà del figlio Vittorio Emanuele III, nuovo Re d’Italia, fu eretta la Cappella Espiatoria, inaugurata esattamente dieci anni dopo il regicidio. 

L’imponente monumento era stato commissionato all’architetto Giuseppe Sacconi, impegnato da anni nella costruzione dell’Altare della Patria a Roma, definito da de Chirico in una lettera a Soffici del 1915 una “costruzione moderna veramente imbecille” [1]. Dopo la morte del Sacconi nel 1901, il progetto di Monza fu modificato e terminato nel 1910 da Guido Cirilli.
Il percorso stradale descritto nel romanzo Monsieur Dudron corrisponde a quello che si faceva effettivamente allora partendo dal cuore di Milano per arrivare a Lecco. Attraversando il centro di Monza si passava vicino alla Cappella Espiatoria molto alta e ben visibile anche da un certa distanza [2].
La funzione di questo passo è quella di motivare la visione, o meglio, il ricordo descritto nel passo successivo.

[1] La lettera di Giorgio de Chirico ad Ardengo Soffici, Ferrara, 12 dicembre 1915 è riportata integralmente in Giorgio de Chirico. Penso alla pittura, solo scopo della vita mia. 51 lettere e cartoline ad Ardengo Soffici. 1914-1941, a cura di Luigi Cavallo, Libri Scheiwiller, Milano 1987, pp. 44-46.
[2] Inesatta è l’identificazione di quel “monumento”  con la “statua del sovrano” fatta da Delli Priscoli: “Nella descrizione della gita a Lecco, per due volte, sia nel viaggio di andata che al ritorno, de Chirico volge il suo sguardo alla statua del sovrano, […].” [sottolineatura G.R.] cfr. Roberta Delli Priscoli, “Il Signor Dudron di Giorgio de Chirico: Dall’immagine alla parola“, in Macramè. Studi sulla letteratura e le arti a cura di  Giulio Rosa, Salvatore Donato, Sapienza Annamaria, Liguori Editore, Napoli, Volume II, pp.603-627, qui p. 611.

L’excursion: Fantasmerie – Un soir

    Cette rapide vision ramena Monsieur Dudron au temps lointain de son enfance; comme des décors au fond de la scène d’un théâtre qu’on éclaire peu à peu, des images se précisèrent dans son esprit. Il se vit dans la maison de son père; c’était aussi alors un soir d’orage; son père était rentré en tenant un journal où était imprimée en gros caractères la nouvelle de l’assassinat du roi. Monsieur Dudron se souvint du visage soucieux et attristé de son père. Sur les murs du bureau, au milieu de photographies de locomotives de différents modèles, il y avait deux grands portraits du roi et de la reine dans des cadres noirs de bois sculpté. Le père de Monsieur Dudron s’assit à sa table de travail où était posée une lampe à pétrole qui avait un abat-jour conique, en verre, de couleur verte, comme un tapis de billard. Monsieur Dudron se souvint que, pendant que son père parlait, lui était assis sur le coin d’un divan et regardait au mur le portrait du roi qui se perdait dans l’ombre et lentement semblait glisser, s’abîmer dans la nuit immense de l’histoire et des temps. Dehors on entendait le hurlement lugubre du vent de l’orage qui descendait des montagnes toutes proches. Poussées par le vent, les branches des eucalyptus du jardin venaient frapper contre les volets des fenêtres.

La gita: “Fantasticherie” – “Una sera”

    Questa rapida visione riportò il Signor Dudron ai tempi lontani della sua infanzia; come uno scenario che al teatro si illumina gradatamente, così le immagini si delinearono nella sua mente. Egli vide se stesso nella casa paterna; era anche allora una notte di tempesta; suo padre era rientrato con un giornale sul quale a grossi caratteri era annunziata la notizia dell’assassinio del re. Il Signor Dudron si ricordò il viso preoccupato e rattristato di suo padre. Sulle pareti dello studio, fra le fotografie di locomotive di differenti modelli, stavano due grandi ritratti del re e della regina, racchiusi in cornici di legno nero scolpito. Il padre del Signor Dudron sedette al tavolo di lavoro dove era posata una lampada a petrolio con un paralume conico di vetro verde come un panno da bigliardo. Il Signor Dudron si ricordò che mentre suo padre parlava, egli era seduto sull’angolo di un divano e guardava sul muro il ritratto del re che si perdeva nell’ombra e sembrava cancellarsi lentamente, scomparire nella notte immensa della storia e dei tempi. Di fuori si sentiva l’urlo lugubre del vento del temporale che veniva dai monti vicini. Percossi dal vento, i rami degli eucaliptus del giardino battevano contro i vetri delle finestre [1].

Varianti

Il ricordo, risalente all’infanzia, della casa paterna e dello studio col ritratto dei sovrani, legato all’annuncio del regicidio, ritorna frequentemente negli scritti di de Chirico, e non solo in quelli connessi alla stesura del Signor Dudron. Per quanto riguarda questi ultimi, abbiamo in ordine cronologico le seguenti varianti: 

Manoscritto Dusdron, metà anni ’30:
    Alors Monsieur Dusdron se revit dans la maison paternelle; le bureau de son père était au rez-de-chaussée et donnait sur le jardin; par les jours d’orage on voyait à travers les fenêtres les masses noires des arbres qui se balançaient en assombrissant la pièce; sur les murs il y avait des photos de locomotive encadrée et souvent à la place du mécanicien un monsieur en chapeau melon qui souriait la droite apposée sur un levier. 
”Au fond, pensa Monsieur Dusdron, chacun pour soi, c’est la loi qui gouverne le monde” et en même temps il se blâma d’avoir plus d’une fois “raté l’occasion“.

Manoscritto Dudron-Levy
,1936:
    C’était des choses tristes qu’il fallait éviter à tout prix; mais désormais Monsieur Dudron s’était engagé sur la voie des pensées tristes et des tristes souvenirs et il se revit au temps de son enfance dans la maison paternelle; le bureau de son père était au rez-de-chaussée et donnait sur le jardin; par les jours d’orage on voyait à travers les fenêtres les masses noires des arbres qui se balançaient et d’une façon intermittente assombrissaient la pièce. Sur les murs il y avait des photos de locomotives; sur une de ces photos on voyait à la place du méesnicien le père de Monsieur Dudron lui-même, coiffé d’un chapeau demi-haut de forme, qui souriait, la droite appuyée sur un lévier.
«Au fond, pense Monsieur Dudron, chacun pour soi, c’est la loi qui gouverne le monde». En même temps il se blâme d’avoir plus d’une fois râté l’occasion.

Una gita a Lecco, (“Aria d’Italia” 1940) Cfr.  Variante, La gita: la Grande Sega

Fantasticherie in Avventura del signor Dudron. Capitolo di Giorgio de Chirico (“Corriere Padano” 21 dicembre 1941):
    Allora il signor Dudron si rivide nella casa paterna. L’ufficio di suo padre stava a pianterreno, davanti un giardino. Quando c’era un temporale, e il vento della tempesta soffiava forte dal mare, si vedevano a traverso le finestre le masse nere degli alberi che agitavano, oscurando la camera. Sui muri si vedevano delle fotografie di locomotive in cornici scolpite di legno nero.
“In fondo, pensò il signor Dudron, ciascuno per sè. E’ la legge che governa il mondo”. Nel tempo stesso si biasimò per avere, più d’una volta, mancata l’occasione.” (si tratta della precisa traduzione in italiano del Manoscritto Dusdoncol semplice cambiamento del nome)

Forse solo dopo la traduzione e pubblicazione del testo nel “Corriere Padano” del 21 dicembre 1941,  – ma in ogni caso prima della stampa del libretto Une Aventure de M. Dudron a Parigi, (31 maggio 1945) – la stesura viene elaborata e modificata in forma radicale. Le ultime tre frasi sulla ‘legge eterna’ si ritrovano, nella versione finale, in tutt’altro contesto, come chiusa dell’episodio dedicato a Bruno.
Il resto del passo viene arricchito da nuovi elementi.

Une Aventure de M. Dudron,1945:
   Cette rapide vision ramena M. Dudron au temps lointain de son enfance; comme des décors au fond de la scène d’un théâtre qu’on éclaire peu à peu, des images se précisèrent dans son esprit. Il se vit dans la maison de son père; c’était aussi alors un soir d’orage; son père était rentré en tenant un journal où était imprimée en gros caractères la nouvelle de l’assassinat du roi. Monsieur Dudron se souvint du visage soucieux et attristé de son père. Sur les murs du bureau, au milieu de photographies de locomotives de différents modèles, il y avait deux grands portraits du roi et de la reine dans des cadres noirs de bois sculpté. Le père de Monsieur Dudron s’assit à sa table de travail où était posée une lampe à pétrole qui avait un abat-jour conique, en verre, de couleur verte, comme un tapis de billard. Monsieur Dudron se souvint que, pendant que son père parlait, lui était assis sur le coin d’un divan et regardait au mur le portrait du roi qui se perdait dans l’ombre et lentement semblait glisser, s’abîmer dans la nuit immense de l’histoire et des temps. Dehors on entendait le hurlement lugubre du vent de l’orage qui descendait des montagnes toutes proches. Poussées par le vent, les branches des eucalyptus du jardin venaient frapper contre les volets des fenêtres. (testo identico alla redazione finale  francese pubblicata postuma)

Dattiloscritto Evangelisti1963 c.:
    Questa rapida visione riportò il signor Dudron ai tempi lontani della sua infanzia. così Come scenari in fondo al palcoscenico di un teatro che viene a poco a poco rischiarato,  delle immagini si precisarono nella sua mente.
Egli si vide nella casa di suo padre; anche allora era una sera di temporale; suo padre era tornato a casa tenendo un giornale su cui era stampato in caratteri cubitali la notizia dell’assassinio del Re. Il Signor Dudron si ricordò l’espressione preoccupata e rattristata di suo padre. Sui muri dello studio, in mezzo a fotografie di locomotive di vari modelli, stavano due grandi ritratti del Re e della Regina, in cornici nere di legno intagliato. 
Il padre del signor Dudron si era seduto al suo tavolo di lavoro ove stava una lampada a petrolio sormontata da un paralume conico, di vetro, e di colore verde bigliardo. Il signor Dudron si ricordò che, mentre suo padre parlava, lui stava seduto in un angolo del divano e guardava sulla parete il ritratto del re che svaniva nella penombra e lentamente sembrava scivolare, inabissarsi nella notte immensa della storia e dei tempi.
Fuori si udiva l’urlo lugubre del vento temporalesco che scendeva dalle montagne vicine. Spinti dal vento i rami degli eucalipti del giardino venivano a battere contro i vetri delle finestre. … 

Nel riquadro intitolato Il narratore (Una sera), “Il Tempo” 21 marzo 1976:
   Questa rapida visione riportò il signor Dudron ai tempi lontani della sua infanzia: così come uno scenario, in fondo ad un palcoscenico, rischiarato a poco a poco, dalle immagini che si precisavano nella sua mente.
Egli si vide nella casa di suo padre; anche allora era sera, una sera di temporale. Suo padre era tornato a casa tenendo un giornale sul quale era stampata in caratteri cubitali la notizia dell’assassinio del re.
Il signor Dudron si ricordo l’espressione rattristata e preoccupata di suo padre. Sul muro dello studio, in mezzo a fotografie di locomotive di vari modelli, stavano due grandi ritratti, del Re e della Regina in cornici nere di legno intagliato. Il padre del signor Dudron si era seduto al suo tavolo di lavoro ove stava una lampada a petrolio sormontata da un paralume conico, di vetro e di colore verde bigliardo. Il signor Dudron si ricordo che mentre suo padre parlava, lui, Dudron, stava seduto in un angolo del divano, e guardava sulla parete di fronte il ritratto del Re che svaniva nella penombra e lentamente sembrava scivolare, inabissarsi nella notte immensa della Storia e del Tempo

Nota 1

L’esperienza autobiografica è un elemento cardine del romanzo sin dalle sue prime stesure. Il medesimo ricordo ritorna nelle pagine delle Memorie della mia vita:
    Fui chiamato da mio padre; era d’inverno e nella stanza ove entrai, che era lo studio di mio padre ove trovavasi la sua biblioteca, faceva molto caldo perché quello studio era piccolo, esposto a mezzogiorno, con per terra spessi tappeti orientali ed alle finestre tende pesanti. Inoltre la stufa era accesa tutto il giorno poiché mio padre, per via della sua salute malferma, soffriva molto il freddo. Alle pareti dello studio stavano attaccati i ritratti del re Umberto e della regina Margherita entro cornici ovali di legno intagliato e verniciato di nero; già da quasi dieci anni i reali d’Italia erano Vittorio Emanuele III e la regina Elena, ma mio padre aveva una particolare simpatia per il re Umberto e la regina Margherita e pertanto teneva sempre i loro ritratti nel suo studio; […] [1].

Non è chiaro a quale delle varie case abitate dalla famiglia si riferisca de Chirico. Gli studi del padre, sia a Volo che ad Atene, erano più o meno arredati nello stesso modo, ed è probabile che de Chirico sia nelle Memorie sia nel romanzo metta insieme elementi diversi. Mentre nelle Memorie la scena nello studio si svolge in pieno inverno, diversi anni dopo la morte di Umberto I, nel Signor Dudron l’autore si riferisce con certezza al 30 luglio del 1900 giorno in cui i giornali diffusero la notizia dell’assassinio.
Un curioso lapsus è quello che porta de Chirico ad affermare, nelle Memorie, di essere sceso nello studio del padre, adorno dei ritratti del Re Umberto e della Regina Margherita, quando “già da quasi dieci anni i reali d’Italia erano Vittorio Emanuele III e la regina Elena”. Questo ovviamente non è possibile perchè Evaristo era morto all’inizio di maggio 1905, meno di quattro anni dopo l’assassinio di Umberto. Dieci anni, invece, sono quelli che passano tra l’attentato del 29 luglio 1900 e l’inaugurazione della Cappella Espiatoria voluta da Vittorio Emanuele III in memoria del padre, avvenuta alla fine di luglio del 1910, quando Giorgio e la famiglia abitavano a Firenze. Tutti i giornali riportarono la notizia, e Achille Beltrame dedicò all’evento la copertina de “La Domenica del Corriere” del 31 luglio [2].

[1] Giorgio de Chirico, Memorie…,1962, pp.35-36.
[2] La famiglia leggeva regolarmente “La Domenica del Corriere”. Savinio per esempio descrive esattamente la copertina del numero successivo, quello del 7 agosto 1910; cfr. Gerd Roos, Giorgio de Chirico e Alberto Savinio. Ricordi e, documenti. Monaco, Milano, Firenze 1906-1911, Edizioni Bora, Bologna 1999, pp.333-334. Si potrebbe pensare a un’involontaria associazione psicologica tra la figura del padre malato e quella del re morente, ai quali i due figli erigono una sorta di monumento commemorativo, uno in pietra e un altro letterario

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